Il formato mp3 è forse quello più utilizzato oggi, consente la qualità audio di un cd ma occupando uno spazio nettamente minore, pensate che in un cd entrano a malapena 16-17 canzoni, mentre in un cd con file compressi mp3 150 o più. Per non parlare del formato wma che li comprime il doppio di un mp3, ma in questo caso la qualità è molto più bassa.
Per ottenere la qualità di un cd, su di esso si deve memorizzare 44100 campioni al secondo ossia a 44.1 kMz; ogni campione è un numero che può variare tra -32768 a 32767 ed occupa quindi 16 bit.
Lo standard MPEG-I Audio (ISO/1EC 11172, parte 3) definisce tre livelli ( layer ) di compressione. Passando dal layer I al III aumenta la compressione e la qualità soprattutto a 128 Kbps ( Kbit per secondo ) con suono stereo. Quest’ultimo formato è stato scelto per leggere i files mp3.
Nella figura in alto possiamo vedere i passaggi della codifica mp3. Nel ramo superiore il segnale viene scomposto in un certo numero di sottobande, quasi come tagliato a fettine e poi ognuna di queste parti viene trasformata tramite MDCT ( Modified Discrete Cosine Transform ), in pratica lo stesso delle immagini ( come ho spiegato nell’articolo compressione delle immagini ), quindi in questa operazione abbiamo la fase lossy, cioè con perdita di informazioni. Successivamente si passa alla codifica di Huffman che è la parte senza perdita di dati e che manca nel layer I e II. Mentre il segnale viene operato dalla parte superiore della sequenza, allo stesso livello intervengono le trasformazioni del ramo inferiore, come la FFT ( Fast Fourier Transform ) e forse quella più complicata e più importante il modello psicoacustico, che vado a spiegare. Questo modello pone una soglia di rumore tale che un disturbo che ha intensità minore della soglia non viene udito dall’orecchio umano e quindi viene tolto, tanto poi è il metodo stesso che aggiunge il disturbo soglia; poi i dati passano alla sequenza superiore. Ultimato il tutto si ha il prodotto finale e cioè il flusso di dati in formato mp3.
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