Introduzione
Non pensavate davvero che questa serie di articoli si spingesse fino alla creazione di un nuovo kernel da zero, vero? Troppo complesso, troppo dispendioso… e poi, a che pro? Piuttosto, con gli strumenti che Linux ci mette a disposizione possiamo costruire una distribuzione tutta nostra: leggera, personalizzata, pensata per rispondere a esigenze reali. È un percorso che avevo già annunciato tempo fa, e che oggi riprendo con uno sguardo più lucido e metodico. Il progetto resta impegnativo: i pacchetti da selezionare, adattare e compilare sono sempre centinaia, ma l’esperienza accumulata in questi anni mi permette di affrontarlo con maggiore precisione e meno sorprese. L’ho già fatto più volte, affinando ogni dettaglio fino a ottenere un sistema snello, reattivo e perfettamente coerente con la mia visione. Ora è il momento di raccontarlo, con l’intento di condividere non solo strumenti e soluzioni, ma anche il senso profondo di questa scelta: creare un sistema operativo non per tutti, ma per chi cerca controllo e chiarezza.
Il valore della compilazione manuale
Oggi esistono strumenti che automatizzano gran parte del processo: script, wrapper, ambienti preconfigurati. Ma è proprio lì che si perde qualcosa. Quando ho iniziato questo progetto, non c’erano scorciatoie: ogni pacchetto andava scaricato, studiato, compilato, testato. E ogni errore era un’occasione per capire meglio come funziona Linux, non solo in superficie, ma nelle sue fondamenta.
Compilare manualmente significa entrare nel cuore del sistema. Significa sapere perché viene prima di, cosa succede se non trova le librerie giuste, come si comporta in un ambiente minimale. È un processo che ti costringe a pensare, a scegliere, a comprendere. E che ti restituisce un sistema operativo che non è solo tuo perché lo hai personalizzato, è tuo perché lo hai capito.
Questa esperienza mi ha insegnato a distinguere tra ciò che è utile e ciò che è superfluo, tra ciò che è elegante e ciò che è solo comodo. E mi ha dato una consapevolezza che nessuna distribuzione pre-assemblata può offrire: quella di poter intervenire, modificare, migliorare, senza paura di rompere tutto. Perché so cosa c’è sotto.
RGPLinux: un progetto che prende vita
Questo progetto, che mi è tornato in mente in questi giorni, non è del tutto nuovo. Lo avevo già iniziato tempo fa, ma come spesso accade, il tempo è tiranno. Oggi però riparto da quei frammenti già costruiti, con l’intento di sviluppare un sistema operativo su base Linux che chiamerò RGPLinux. Il nome è una scelta naturale: richiama la mia attività, RGPSoft, e riflette l’idea di un sistema pensato, costruito e mantenuto con rigore e coerenza.
Se non avete ancora un programma per creare macchine virtuali, vi consiglio VirtualBox, gratuito e conosciutissimo. All’interno di una macchina virtuale installeremo un sistema operativo minimale, che useremo come base per compilare i pacchetti. L’ideale è partire da una distribuzione pulita, senza sovrastrutture né automatismi che ci vincolino a scelte altrui. Eviteremo quindi Fedora, Ubuntu, Mandriva e tutte quelle distribuzioni dove l’utente è solo utilizzatore.
Le alternative più adatte potrebbero essere Slackware o ArchLinux, ma anche queste portano con sé troppi pacchetti accessori. L’opzione migliore resta una LFS compilata da noi stessi: snella, essenziale, e completamente sotto controllo. Lavoreremo su un sistema ridotto all’osso, con solo i pacchetti indispensabili. Un sistema veloce come una scheggia!
Nella prossima lezione installeremo quindi una Linux From Scratch all’interno della macchina virtuale. Per semplicità e compatibilità, partiremo con una versione a 32 bit, che presenta meno problemi in fase di compilazione. In seguito, potremo valutare anche una variante a 64 bit, ottimizzata per architetture AMD e sistemi più recenti.